Uomo politico sovietico. Iscrittosi nel 1961 al Partito comunista, ricopriva
in seguito la carica di responsabile locale di Sverdlovsk. Legatosi nei primi
anni Settanta a Michail Gorbaciov, compì negli anni successivi una rapida
ascesa nei ranghi del PCUS: nominato nel 1985 segretario del comitato centrale
per le costruzioni edili e primo segretario del partito moscovita, nel 1986
entrò nel Politburo, come membro non-votante. Inizialmente sostenitore
del nuovo corso politico avviato da Gorbaciov, venne allontanato dal partito nel
1987 divenendo il leader più popolare dell'opposizione democratica.
Eletto al parlamento dell'Urss nel 1989 divenne presidente della Repubblica
russa nel 1990, sostenuto da ampie frange della società civile, in
particolare dai promotori del Movimento per le riforme democratiche, tra cui
l'ex ministro degli Esteri Eduard Shevardnadze.
E. si schierò
decisamente per la decentralizzazione del potere a favore delle istanze
indipendentiste emerse tra le Repubbliche sovietiche tra il 1989 e il 1990 e per
una riorganizzazione economica basata sul libero mercato e sull'instaurazione
della proprietà privata. Fu l'artefice del fallimento del tentato colpo
di Stato militare, nell'agosto del 1991, da parte dei conservatori comunisti,
imponendosi così come figura chiave dell'assetto post-comunista del
Paese. Alla fine del 1991 guidò lo scioglimento dell'URSS e le
conseguenti dimissioni di Gorbaciov da segretario generale del Partito
comunista, decretandone lo scioglimento.
E. riconobbe ufficialmente le
dichiarazioni d'indipendenza dei Paesi Baltici (Lituania, Estonia e Lettonia) e
si alleò con Gorbaciov per elaborare un progetto di transizione dell'URSS
verso una Confederazione di Stati sovrani e il passaggio della gestione
economica alle singole Repubbliche. Appurata l'impossibilità del
mantenimento del legame federale,
E., ottenuti poteri straordinari dal
Congresso dei deputati del popolo, siglò ad Alma Ata (1° dicembre
1991) con i presidenti di altre dieci Repubbliche, un accordo che aboliva ogni
struttura federale e segnava, di conseguenza, la fine dell'URSS.
E. si
fece poi promotore della nuova Comunità degli Stati Indipendenti, alla
quale aderirono 11 delle 15 ex repubbliche sovietiche. La sua leadership fu
confermata con il referendum popolare del 1993, ma la crisi cecena (1994-96)
determinò la sconfitta del suo partito nel 1995. Nonostante il suo
precario stato di salute, nel 1996 fu rieletto presidente. Coinvolto nelle
inchieste sulla corruzione al Cremlino e sullo scandalo degli aiuti del FMI alla
Russia, nell'agosto 1999 designò quale suo successore Vladimir Putin; a
dicembre si dimise e Putin gli subentrò per condurre il Paese alle
elezioni del giugno 2000.
E. lasciò il potere, assicurandosi
l'immunità giudiziaria (Butka, circondario di Sverdlovsk, Russia
orientale 1931 - Mosca 2007).
Boris Eltsin